Oggi le banche hanno ripreso ad acquistare i crediti derivanti dal Superbonus per le pratiche già avviate, ma la percentuale riconosciuta è scesa a picco. La maggior parte ad oggi riconosce un massimo dell’82%, quando inizialmente si arrivava anche al 97/98%. Il 18% di quanto pagato resta nelle proprie spese (meno 28% rispetto al 110). Certo la percentuale non è fissa perché ogni banca ha le sue regole per la cessione del credito. Si può ancora trovare qualche istituto “più generoso” che si spinge al 90. Ma è raro. E comunque la tendenza è ad un calo evidente. Questo accade un po’ perché le banche sono nella posizione per poterlo fare e il committente a farne le spese.
Anche l’estensione del numero di intermediari ha contribuito a questo effetto (perché tutti i cessionari devono avere un guadagno dall’operazione). E poi ci sono i tassi più alti, gli adempimenti burocratici etc. Tutti elementi che rendono più gravosa la cessione del credito.
La situazione attuale è che molti di quelli che avevano usufruito del Superbonus e della cessione del credito si trovano con i cantieri bloccati, con i lavori da finire e senza liquidità. Per i committenti privati magari si tratta di cifre più basse ma per lavori grossi quel 18% può essere troppo oneroso.
Sicuramente c’è uno sblocco della cessione del credito, ma notiamo che in realtà questa situazione attuale finisce per appiattire le differenze tra i bonus edilizi, equiparandoli in termini di convenienza. Cosa cambia a conti fatti a fronte di una cessione dell’82% tra Superbonus e Sismabonus?
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